Taste Alto Piemonte 2019
Non siamo mai stati moderni
Per il terzo anno, dal 30 marzo al 1 aprile si è svolto presso il castello di Novara Taste Alto Piemonte. TAP è organizzata dal Consorzio di Tutela dei Nebbioli dell’Alto Piemonte e vede protagoniste tutte le 10 denominazioni, e i rispettivi 50 produttori, afferenti al Consorzio che dal 1999 si occupa proprio della valorizzazione e promozione dell’immagine dei vini delle province di Biella, Novara, Vercelli e Verbano Cusio Ossola.
L’Alto Piemonte è una regione vitivinicola davvero particolare, che ha resisto nel bene e nel male alle mode e alle richieste del mercato. Profondamente cambiato dall’industrializzazione vissuta dopo il Dopoguerra che ha portato a una drastica riduzione del terreno vitato, i pochi produttori rimasti hanno continuato a lavorare preservando l’identità del loro territorio e portando a vini che mai si sono piegati alla standardizzazione del gusto.
Il vino qui si è sempre fatto in un determinato modo, e sempre così lo si continuerà a fare. A chi come me si chiede spesso se il vino sia un prodotto naturale o culturale, i vignaioli del Nord del Piemonte offrono una risposta latouriana: il vino non è solo natura e non è solo cultura, è un ibrido. La viticultura poi in queste zone trascende anche l’asimmetria del tempo – passato e futuro – non è mai andata avanti o tornata indietro, è sempre e solo stata presente. Esente da mode e influenze.
Che cosa significa? Che qui il vino lo si fa sì ancora come una volta, ma “come lo si faceva una volta” qui non è “come lo si faceva una volta” in un altro luogo. Se – come me – siete confusi, non vi resta che bere. Ecco i miei consigli su cosa vale davvero la pena assaggiare
Guido Platinetti. Parlando di vino come una volta, non si può che cominciare da un vero vignaiolo conservatore. I suoi vini, tutti monovitigni, rappresentano l’istantanea del suolo e del cielo dove le sue viti crescono. Non c’è trucco, non c’è inganno. Per questo all’assaggio quest’anno sia la Vespolina che il Nebbiolo si mostrano diversi da come li ricordavo (per i curiosi, leggete qui). Entrambi pagano il pegno delle ultime annate calde, decisamente più carica e colorata la Vespolina 18 e più terroso e irruente il Nebbiolo 17. Mentre da una splendida annata come la 2015 non poteva che nascere un Ghemme Vigna Ronco Maso dai profumi e dall’equilibrio commoventi. Novità di quest’anno, il Guido, fuori ogni disciplinare, ottenuto da una vigna centenaria a maggiorina salvata dall’espianto e, curiosamente, costituita principalmente da merlot con un po’ di croatina, barbera, uva rara, nebbiolo, vespolina, erbaluce.
Cascina Preziosa. Si perde ormai nella leggenda la fondazione di Cascina Preziosa. Certo è che risulta già presente in una carta topografica de comune di Castellengo risalente al 1806. L’azienda oggi conta tre ettari vitati e sono interamente gestiti secondo la filosofia personale e naturale del capofamiglia Gianni Selva Bonino. Molto legato alle tradizioni che in quella terra hanno sempre dato grandi vini, Gianni sceglie per tutte e tre le sue etichette lunghe macerazioni, maturazione in botte grande e affinamento finale in bottiglia di almeno 6 mesi. Djarman, il Coste della Sesia DOC, rappresenta il fiore all’occhiello della produzione, Nebbiolo e Barbera perfettamente bilanciate, austere ma fresche.
Fabio Zambolin. Contrariamente all’austerità del territorio, così poco incline alle novità. Ogni tanto qualcosa di nuovo accade anche nelle remote province nord piemontesi, come nel caso delle etichette di Fabio Zambolin. Il terreno vitato di Fabio stenta a superare l’ettaro di estensione e si distribuisce tra Lessona e Cossato a partire dal nucleo storico, un vecchio vigneto di 2000 metri coltivato dal nonno. La storia di Fabio viticoltore nel 2010 ed è orientata a cercare di ottenere il massimo dalla sua micro-produzione, per questo è una strada percorsa in punta di piedi, limitando gli interventi, azzerando l’utilizzo di macchinari e portando tanto rispetto per la natura circostante. Una cura e una dedizione che si sentono nel calice del suo Feldo, dedicato al nonno, un uvaggio tradizionale di Nebbiolo, Croatina e Vespolina. Un vino che mi ha colpito per pulizia, onestà e garbo.
Tiziano Mazzoni La famiglia Mazzoni accoglie con un sorriso ancor prima che con il racconto del proprio vino. Tiziano, con la moglie Rita gestiscono l’attività vitivinicola di famiglia a Cavaglio d’Agogna in provincia di Novara, affiancati nel tanto lavoro in campagna e in cantina dal figlio. Ho conosciuto i vini di Tiziano proprio in occasione di questa edizione di TAP e sono rimasta subito sorpresa dal suo Erbaluce Iris, dedicato alla nipotina. Un bianco intensamente profumato, fiorito e fresco e, grazie a una nota speziata, capace di accompagnare e sostenere anche cibi molto sapidi. Da una mano così sull’Erbaluce non potevo che aspettarmi grandi rossi. Ed ecco il primo nebbiolino croccante della giornata, il loro Nebbiolo del Monteregio, vinificato per metà in botte grande e per metà in inox. Un Nebbiolo che conserva al meglio tutte le migliori note che questo vitigno esprime in gioventù e che gode di una bella verticalità che ne sostiene la persistenza.
Costa di Sera dei Tabacchei Se pensate che il vero punk rock anni 70 si trovi ormai solo esposto in qualche bancarella di Camden Town, beh, vi sbagliate. E potete fare un giro a Suno se non mi credete. Perché l’Erbaluce di Alfonso Rinaldi è punk, rock, metal e anche un po’ dodecafonico. Alfonso da oltre 30 anni ha dedicato tutta la sua passione e le sue conoscenze al solo vitigno Erbaluce che coltiva con minimi interventi in un piccolo vigneto vista Monte Rosa. Essenziale la sua visione: vendemmia manuale “quando è il momento giusto”, poi solo acciaio per trasmettere intatto nel bicchiere tutta la potenza di questo vitigno. Ne risulta un vino molto fruttato, forse anche all’annata 2018, molto fresco, con una punta di elegante aromaticità.
Luca Caligaris. Vignaiolo naturale a Gattinara, Luca quest’anno accanto alle sue ottime versioni di Coste della Sesia e Gattinara ha voluto avvicinare un assaggio un po’ insolito per la zona. Si tratta del Rosato di Martina, ottenuto per salasso dalle uve del suo Coste della Sesia e dedicato alla più piccola delle sue due bambine. Il colore è un bel buccia di cipolla, mentre il gusto si destreggia tra note estive di frutto rosso a note più cupe di sottobosco autunnale. Il corpo è robusto e capace di sostenere i quasi 14 gradi raggiunti nell’ultima annatta rovente.
E se vi ho incuriosito a sufficienza su queste nebbiose nordiche terre e i loro vini antichi non vi resta che venire alla prossima edizione di Taste Alto Piemonte!!