FEELING ENORME

FEELING ENORME

Giugno 30, 2023 0 Di lasecondadolescenza

“Perché è proprio quando il vento soffia in direzione contraria

che bisogna, nell’anima e con coraggio, sentirsi enormi.”

 

Il successo di una manifestazione si misura a posteriori in base a diversi parametri: affluenza, risonanza
mediatica, coinvolgimento dei partecipanti, soddisfazione degli espositori. Dietro ad ogni manifestazione un gruppo di persone, a volte riunite in associazione, lavorano per alcuni mesi a ritmi elevati per soddisfare i parametri sopracitati. Durante l’incessante lavoro si deve – sempre – scegliere un nome per quello che si sta cercando di organizzare ed è spesso un aspetto critico. La fiera che sto per raccontarvi ha scelto un nome che mi permetto di definire geniale. Enorme, piccolo salone del vino artigianale.

Enorme sì, anche se i numeri del vino naturale sono ancora esigui su scala mondale, gli appassionati tendenzialmente pochi e i produttori molto più piccoli di quelli del mercato convenzionale. Eppure, quello che è capitato il 18 e il 19 giugno a Grottaminarda a giusto titolo può fregiarsi dell’aggettivo, perché è proprio quando il vento soffia in direzione contraria che bisogna nell’anima e con coraggio sentirsi enormi.

Non ho potuto prendere parte alla prima edizione di Enorme, perché l’Irpinia è vicina, ma non vicinissima, ahimè. Quindi il racconto – doveroso per una prima edizione di tanto successo – si svilupperà attraverso le testimonianze raccolte tra chi si è speso nella sua realizzazione e, più in generale, chi si è speso negli ultimi anni alla creazione di un territorio, fatto di vitigni e uomini.

 

Cominciamo da Antonio e Daniela De Gruttola di Cantina Giardino, pionieri nel recuperare in Irpinia uno stile di vinificazione antico, ma fino a pochi anni fa dimenticato.

Daniela, cosa vi ha ispirato a pedalare controvento?

“Quasi trent’anni fa, io e Antonio trovavamo nei ristoranti storici bellissime bottiglie, di quelle che hanno fatto la storia del vino artigianale, ma paradossalmente erano sempre le più impolverate. Perché era più difficile venderle, erano state “dimenticate”, sostituite dai vini perfetti dell’industria degli anni ‘90… ricordo che uno degli aggettivi di allora per questi vini era “masticabile” e con tutto quello che ci aggiungevano era davvero così! In questo modo, inconsapevolmente, stavamo facendo la nostra gavetta, bevendo bottiglie nelle quali i solfiti non venivano aggiunti o erano completamente esauriti, e consolidando in noi l’idea che la vinificazione tradizionale poteva generare bottiglie senza tempo, con una longevità unica, e che l’Aglianico di Irpinia era uno di quei vini a cui l’invecchiamento faceva molto bene.

Antonio lavorava per una realtà industriale, ma spesso capitava che seguisse il padre falegname in qualche lavoro e conosceva così persone dalle campagne, spesso ci finiva anche a pranzo: si mangiavano le verdure dell’orto, gli animali dell’aia, il vino della propria vigna… era tutto squisito.

A casa Antonio ci raccontava di questi incontri, dei ricordi di chi ancora aveva avuto la fortuna di vivere in un altro modo, e quei ricordi erano anche i nostri che avevamo visto quel mondo cambiare sotto i nostri occhi senza che neppure ce ne accorgessimo. Il crescente (il lievito) per fare il pane che le famiglie si passavano, il vino, i grani, tutto era stato sostituito da quelli che si ritenevano prodotti superiori in qualità e velocità. Racconti e parole, fino a quando Antonio non ha manifestato la preoccupazione che – oltre ad una tradizione – si perdesse anche il patrimonio genetico in viticoltura: ecco lì era troppo! Le vecchie piante di aglianico, greco, coda di volpe, fiano… sono davvero un’altra cosa, oggi lo diciamo con cognizione di causa, allora invece lo dicevamo sperando che fosse davvero così.

Le risposte non sono state positive in Italia: questo vino è andato a male! È stato l’estero la vera sorpresa, lì venivamo capiti. Abbiamo fatto subito presa in Giappone e ad oggi vendiamo in circa 50 paesi diversi… l’ultimo stato che si è aggiunto, pensa, è il Guatemala!”

Come si potrebbe spiegare Cantina Giardino a chi non la conosce?

Abbiamo fondato Cantina Giardino vent’anni fa con questa filosofia, salvare le vecchie piante, come quelle con il sistema di allevamento a raggiera avellinese, cercando di comprare e affittare tutte quelle rimaste. Perché se il terremoto e la politica avevano distrutto l’estetica dell’Irpinia, almeno quelle piante avrebbero potuto un giorno dare un’immagine diversa.

Antonio ha lasciato il lavoro e si è messo a fare il vino. Le idee erano chiare, vinificare come si faceva una volta, con uve autoctone, senza prodotti sistemici in vigna, ma con l’attenzione che si può avere oggi, affinando solo con legni locali e con l’utilizzo al minimo della solforosa.

Io invece sono sociologa e all’interno di Cantina Giardino, che per me non è un lavoro, il sociale è stato parte integrante di qualsiasi scelta che abbiamo fatto in questi anni. La nostra è una famiglia allargata, i ragazzi che lavorano per noi e quelli che vengono ogni anno ad imparare sono davvero fondamentali, credo che siano proprio il motore e il cuore di questa entità. Ogni scelta è pensata per alimentare questo motore e la nostra direzione continuerà ad essere sempre guidata da questa etica di rispetto nei confronti della Natura e nei confronti delle Persone.

Avreste mai immaginato di vedere un giorno una manifestazione come Enorme?

“Già nel 2009 avevamo organizzato ad Ercolano un evento chiamato Parlano i Vignaioli, ripetuto poi nel 2011 e poi a Bari nel 2014 e nel 2017. Come oggi Enorme è il Piccolo Salone dei vini artigianali, anche in quelle occasioni eravamo stati lontani dal termine di vino naturale. Erano incontri incentrati sui vignaioli artigianali che raccontavano la loro storia e il loro vino. Che dire, forse erano tempi troppo anticipati e il Sud doveva ancora capire.

Enorme è stata la prima volta in cui abbiamo immaginato di fare una fiera a casa nostra, in Irpinia. Fino a pochi anni fa questo territorio faceva paura: temevamo tutti che non potesse esserci risposta e credo che non avessimo tutti i torti. È servita l’energia di Roberto di Vineria La Posta per provarci, è un divulgatore eccezionale del consumo di questi vini e forse solo lui poteva mettere insieme tutti i noi!  Ci siamo impegnati moltissimo per quello che aveva un significato ENORME: per noi in prima persona, per i territori dell’Irpinia e del Sannio ma anche della Campania e del Sud. Noi di Cantina Giardino essendo i più anziani come azienda abbiamo sfruttato i nostri rapporti di amicizia e siamo riusciti a portare delle presenze importanti, perché volevamo dare un messaggio di storicità nelle produzioni ma anche di cultura e per i seminari che ha curato Giovanni Bietti. Sai quel talento nella comunicazione per cui un argomento difficile ti sembra di improvvisamente chiaro? Ecco Giovanni ce l’ha.”

 

Proseguiamo con un altro gruppo di vignaioli “controvento” che – già attivi da una ventina d’anni sul territorio – nel 2018 rilevano una piccola tenuta ad Ariano Irpino e fondano Casa Brecceto contribuendo così al racconto dell’Irpinia in Italia e non solo.

Chi è Casa Brecceto?

“Casa Brecceto inizialmente sono tre amici, provenienti da mondi completamente diversi: Fortunato Sebastiano, enologo. Oto Tortorella un informatico che lavorava sempre alla scrivania e che ad un certo punto ha sentito un forte richiamo per la natura e Igor Grassi che si occupa di grafica. Nel 2001 decidono di iniziare a produrre un po’ di vino – quello che ora è Pitatza, un Taurasi volutamente fuori dalla denominazione – e cominciano l’avventura del “vin de garage”, allora molto supportato dalla rete dei centri sociali e dei seminari Veronelli.

Via via si aggiungono all’avventura altri amici e, nel 2018, capita l’occasione di acquistare dei terreni e di fondare la cantina. Spesso scherziamo, dicendo che abbiamo fatto il passo “al compimento della maggiore età”. Era maturata in noi la voglia di fare le cose per bene e di fare altri vini.

Oggi i soci di Casa Brecceto sono io (Mario Manganiello),  Maria Teresa Ciccarelli la nostra amministratrice, Fortunato Sebastiano, Igor Grassi, Raffaele Grasso e, da quando Oto purtroppo è venuto prematuramente a mancare, è subentrata Maria Elena Grasso, sua moglie.

Da sempre, la fermentazione delle uve è spontanea e si utilizzano minime quantità di solfiti, solo all’imbottigliamento. Il lavoro è principalmente manuale, senza alcuna tecnologia particolare in cantina. L’invecchiamento dei vini avviene in anfora, acciaio, legno, a seconda delle annate e dei vitigni, tutti autoctoni irpini ovviamente. 

Quello che ci piace comunicare è che Casa Brecceto è sì vino, tradizione, piacevolezza, ma soprattutto gioia. Quella della convivialità, della festa, dell’emozione: quando parliamo del vino di Casa Brecceto,
questi aspetti non sono solo conseguenza, ma sono premessa necessaria della sua stessa esistenza.”

Qual è stato il riscontro da parte della vostra realtà ad enorme?

“Tantissime sono le ragioni per cui noi di Casa Brecceto siamo rimasti soddisfattissimi da questa prima edizione del salone. In primis, perché, insieme ad altre importanti cantine del territorio, ed insieme ad amici che condividono con noi questa passione per il vino naturale, siamo stati coinvolti in prima persona prima nell’ideazione, poi nella realizzazione pratica di questo piccolo, ma per noi Enorme, salone del vino artigianale. 

Un altro motivo che ci ha reso particolarmente orgogliosi è stato che il salone è stato dedicato a due nostri grandi amici, purtroppo scomparsi prematuramente. Oto che come dicevo è stato anche fondatore di Casa Brecceto e Michele di Aia delle Monache.

Tutti i visitatori che sono venuti hanno potuto apprezzare tutto il lavoro che stiamo facendo con i vitigni tradizioni in questo momento sui nostri terreni di Ariano. Una sorpresa è stata la risposta della ristorazione che storicamente è stata sempre poco incline verso i prodotti enologici. Molti ristoratori del territorio incuriositi dal mondo del vino naturale sono passati e si sono avvicinati per capire di che si parlava, hanno assaggiato e sono sembrati molto interessati alla qualità, alla naturalità, alla bevibilità dei prodotti e vini che stiamo facendo.”

Come sta cambiando l’Irpinia del vino naturale?

“Secondo noi sta cambiando un po’ la visuale. Dopo aver seminato per tutti questi anni in maniera un po’ sotterranea, nei circuiti alternativi non legati alla distribuzione italiana, ci sitiamo rendendo conto che tutto il lavoro fatto ha lasciato dei segni più visibili di quello che pensavano.

L’Irpinia aveva già delle realtà veramente importanti nel mondo dei vini naturali, ma ora è il pubblico locale che sembra essere finalmente più vicino. In parallelo oggi sono sempre di più le aziende che hanno iniziato a seguire quest’onda della naturalità rendendosi conto che produrre in maniera più rispettosa è una strada giusta e anche richiesta. 

Enorme, hehe, è stato il consenso che abbiamo registrato da parte delle nuove generazioni. Tanti giovani con una sana curiosità e questo ci fa davvero credere nel fatto che stiamo lavorando nella maniera giusta e ci dà la forza per proseguire. Dai che tempo due settimane e di mettiamo a pensare alla seconda edizioni!”

 

E non si possono fare i conti senza l’oste, così ho rivolto qualche domanda a Roberto Buglione, titolare dalla leggendaria Vineria La Posta a Grottaminarda, tappa obbligatoria di ogni pellegrino amante del vino naturale che si trovi in territorio.

Enorme, prima associazione, oggi Piccolo Salone del Vino Artigianale. Com’è cominciato? 

“Bevendo! Si può dire? All’interno dell’associazione Enorme ci sono di osti – come me – vignaioli, allestitori, grafici il cui minimo comun denominatore è la passione per i vini artigianali e le piccole produzioni.  Ci sono nomi importanti dell’enologia campana e del centro sud italia come Cantina Giardino, Sebastiano Fortunato, facevamo molti viaggi insieme a scoprire nuovi produttori, a visitare fiere e spesso ci trovavamo a ragionare su come si potesse organizzare un piccolo salone qui in provincia di Avellino. Ci chiedevamo quali idee potessero venire fuori da un salone di soli vini artigianali in una terra che ha oltre 300 cantine, delle quali pochissime seguono una filosofia poco interventista, fermentazioni spontanee, zero chimica in vigna e in cantina.  

Sentivamo di dover colmare un vuoto che sentivamo forte e non solo nella provincia di Avellino, ma anche nelle aree interne, nel beneventano essendo coinvolte anche realtà come Can Libero e Iannucci. Volevamo aprire una breccia, eravamo carichi, ma poi la pandemia ci ha fermato, abbiamo dovuto ognuno correre ai ripari e pensare a tenere in vita la propria attività. Nel 2022 ci siamo rimessi in carreggiata e l’idea del salone era ancora viva in noi. Così è stato naturale metterci in gioco, invitare altri amici vignaoli, e fare della nostra associazione Enorme qualcosa di più.”

Che cosa significa per il territorio?

“Il Salone 2023 è stato un momento di crescita sia dal punto di vista economico sia da quello del dibattito. Da un lato l’afflunenza, i posti letto occupati, i ristoranti pieni. Dall’altro 80 vignaioli da tutta Italia, con tanti nomi storici. E’ stata un’iniezione di fiducia per chi venta anni fa è stato pioniere in questa terra e in solitudine non ha mai perso la bussola.

Enorme ha dimostrato che, facendo rete, è possibile far arrivare il nostro messaggio anche fuori dalle rotte classiche, lontano dai potenti canali commerciali delle grandi città… alla periferia dell’Impero insomma! Ovviamente questa è stata una data zero per noi, è tutto in divenire e ci ritroveremo presto con l’associazione per capire come tenere alta l’attenzione che Enorme ha creato e farla vivere anche fuori dall’occasione del Salone.” 

Ti sembra ci sia una buona risposta in Irpinia al vino naturale?

“Fino a qualche anno fa non avrei saputo risponderti, io da cinque anni ho una piccola realtà che vende solo vini artigianali e recentemente vedo una fetta sempre maggiore di persone che si avvicina a queste bevute. Si devono sensibilizzare i consumatori, ma anche – e forse soprattutto – il settore HO.RE.CA. che è il vero punto di contatto tra chi produce e chi beve. Come? Facendo cultura, spiegando e raccontando che il vino artigianale non è quello che puzza, ma una materia viva che parla di uomini e luoghi. Per noi di Enorme l’obiettivo è fare cultura, non promuoverci come singoli, ma come un movimento. Un primo passo è fatto, ora vediamo di andare avanti!”

 

 

Voglio ringraziare tutti quelli che, anche in questa occasione, mi hanno aiutato ad esserci senza esserci. Letizia, Mario, Sara, Daniela, Roberto, ognuno di voi ha donato un pezzo del suo cammino, ognuno con disponibilità e gentilezza.

E’ un periodo difficile per il mio blog, è un periodo difficile per me, ma se c’è qualcosa che mi sta dando forza, questo è il vino, le persone che lo fanno, le persone che ci lavorano, i sorrisi dei clienti al tavolo. Questa mia passione, nata per caso, e che oggi è vita. Grazie. Ci vediamo presto in giro, è una promessa.