La Scapigliata – Questa vigna è un miracolo!

La Scapigliata – Questa vigna è un miracolo!

Agosto 1, 2020 0 Di lasecondadolescenza

M: “Ti va di fare vino naturale?”

C: “Si, perché no, mi piacerebbe.”

M: “Tu hai un vigneto?”

C: “No..”

M: “Hai una cantina?”

C: “No…. beh, tu hai dei soldi?”

M: “Eh no, va beh, pazienza, allora dove lo facciamo il vino?”

C: “In Franciacorta!”

A metà giugno, appena è stato possibile mettere piede fuori di casa, ho sentito il bisogno di andare in campagna. In vigna per l’esattezza. A vedere e respirare quella natura che per tre mesi avevo visto solo o nella forma del potus che ho sopra la libreria o sotto plastica, al supermercato.

Così ho deciso di accettare l’invito di Mauro Lorenzi e Claudio Sabotto e di andare in Franciacorta a visitare la loro piccola azienda di vino naturale: La Scapigliata.

Un’azienda che aveva già incrociato il mio cammino un paio d’anni prima quando, da Vino in Porta Romana, avevo avuto l’occasione di assaggiare il loro metodo classico Ninfale. Oltre all’eleganza del vino, da appassionata di Leonardo da Vinci, mi era rimasta ben impressa l’etichetta: un volto di donna abbozzato al carboncino inspirato al celebre disegno di Leonardo La Scapigliata da cui prende nome l’azienda stessa.

Una volta arrivata mi trovo immersa in una piccola vigna giardino, o meglio un vigneto-miracolo come mi dice Mauro. “Sai, siamo partiti da niente, sono stati anni bellissimi ma difficili. Abbiamo dovuto fare tutto da soli e far fronte ai mille imprevisti del lavoro in campagna e della vinificazione per esempio cominciando a produrre e vendere il nostro miele, comprando diverse arnie e ripopolando di api la zona.”

Un progetto nato nel 2011 quando Claudio e Mauro, dopo anni di ricerche, trovano il vigneto che li soddisfa in località Monticelli Brusati (dove troviamo anche l’azienda Il Pendio di Michele Loda, n.d.r.) e iniziano i loro primi anni di vendemmie e sperimentazioni.

Il bianco fermo Curtefranca DOC La Fantesca è la loro prima etichetta, un prodotto difficile da trovare in Franciacorta dove quasi tutto l’uva Chardonnay è destinato alla produzione di metodo classico. E proprio per la sua dose di novità, legata ad un impeccabile equilibrio tra acidità e morbidezze in accordo con un contenuto grado alcolico, La Fantesca inizia a far parlare di sé e a infondere coraggio nel folle ed appassionato progetto de La Scapigliata.

Tra le varie vicissitudini passate a La Scapigliata, anche quella di dover lasciare nel 2018 il vigneto di Monticelli e la necessità di trovare un altro angolo incontaminato di Franciacorta. Occasione perfetta l’affitto di meno di mezzo ettaro di terreno in località Rodengo Saiano da un ex hobbista conferitore. Ed è proprio questa la vigna in cui mi trovo a passeggiare: circa 300 metri sul livello del mare, tutta vitata a Chardonnay, abbracciata su tre lati dal bosco del Parco delle Colline Bresciane.

 

 

Si nota subito la vicinanza dei filari che impedisce di certo l’utilizzo di qualsiasi macchinario per la loro gestione. Tutto è fatto a mano, davvero. Nella parte più bassa della vigna, piante robuste e gagliarde crescono sull’argilla ferrosa tipica della Franciacorta, appena qualche metro più alto altri filari appaiono invece più esili e meno carichi affondano le radici in un terreno più magro arricchito da sedimenti calcarei.

La scelta dell’agricoltura del minimo impatto si vede subito dall’erba che cresce alta tra i filari i quali non vengono mai potati ma solo arrotolati: “Non tutti riescono a credere che la potatura può modificare il gusto del vino…” mi dice Mauro “…non ferire la pianta la induce ad andare avanti per il suo percorso fino alla maturazione. Se invece s’interviene potando la pianta ripartirà a produrre foglie che depauperano il frutto e sono responsabili dell’amaro nei vini finali.”

Uguale filosofia quando iniziamo a parlare di concimazione, tranne dove necessario, meglio evitarla secondo loro, per lasciare che sia l’erba a tessere liberamente il terreno, senza l’interazione con interventi correttivi umani. Per questo evitano il lavoro sottofila e limitano gli sfalci solo a dove è davvero necessario. E minimi sono anche i trattamenti – rame e zolfo s’intende – perché come mi dice Claudio: “Facendo questo tipo viticoltura non si può puntare a soglia zero di malattie, ma a trovare un equilibrio tra i parassiti e le piante ad esempio rinforzando le difese naturali delle viti con preparati a base di ortica ed equiseto.”

Un’agricoltura del non fare a tutti gli effetti, che aiuta anche la gestione del vigneto in quello che è il tempo libero di Claudio e Mauro, entrambi impegnati in altri lavori.

Durante la degustazione delle loro etichette è l’occasione per parlare un po’ di tecniche di vinificazione ed in particolare di una tematica che da qualche tempo mi incuriosisce e che colgo sempre l’occasione di approfondire: la naturalità della seconda fermentazione nel metodo classico.

Scopro che come altre conosciutissime cantine naturali della zona, anche i ragazzi della Scapigliata stanno portando avanti esperimenti di tiraggio naturale, ma nessuno si sbilancia a svelarmi di più: se c’è del marcio in Danimarca, c’è sicuramente un gran fermento in Franciacorta!

Due vini dicevamo, Ninfale il Metodo Classico e Fantesca il bianco fermo. Per entrambe le etichette la fermentazione viene innescata mediante pied de cuve, la maturazione prosegue in legno vecchio con pieno svolgimento della malolattica. Per il Ninfale poi la base prosegue la lavorazione con tiraggio e affinamento sui lieviti per oltre 36 mesi, per Fantesca invece si passa all’imbottigliamento senza filtrazioni. Solforosa non stiamo nemmeno a parlarne, mai superiore ai 30mg\lt e spesso sotto i 10mg/lt soprattutto nelle basi spumante, con grande gioia dei nostri fegati.

All’assaggio, in entrambi i vini l’integrità del frutto colpisce e accompagna tutta la bevuta che si contraddistingue per eleganza, morbidezza e una bella persistenza minerale. Vini in cui il territorio, intatto, la fa da padrone, raccontandosi e svelandosi a poco e a poco con i suoi profumi e le sue sfumature delicate.

 

 

Due vini per ora, perché oltre ad un divertente esperimento di rifermentazione in bottiglia con l’annata 2019 che ho potuto assaggiare in anteprima, chiacchierando con Claudio e Mauro scopro che la loro voglia di sperimentare e mettersi alla prova li sta spingendo ad ampliare il loro progetto ben oltre i confini della Franciacorta e ben oltre il confine dello Chardonnay.

Infatti, quando li tornerò a trovare la metà sarà il Lago d’Idro, località Ponte Caffaro precisamente. Ai piedi delle Alpi è dove hanno scelto, nel 2011, di piantare circa cinquecento barbatelle di alcune note varietà piwi. Essendo varietà naturalmente resistenti alle malattie funiginee, con il cambiamento climatico aggressivo a cui stiamo assistendo negli ultimi anni, la viticoltura piwi ha tutto il potenziale per diventare la viticoltura del futuro ed è proprio questo aspetto a invogliare la creatività dei ragazzi de La Scapigliata.

Due ragazzi pieni di passione e inventiva, che con tanto coraggio e quella giusta dose di incuranza del rischio portano avanti un progetto che è come il loro bambino, da accudire e guardar crescere ogni giorno con stupore.  Perché senza meraviglia non c’è vita e tanto meno vino.