Old Boy – négociant naturel

Old Boy – négociant naturel

Maggio 18, 2020 0 Di lasecondadolescenza

Diciamoci la verità. Spesso una leggera diffidenza s’insinua quando beviamo un vino prodotto da un négociant e non direttamente da un viticoltore. Una diffidenza di matrice arcaica se pensiamo che già Petronio nel suo Satyricon scelse di incarnare la decadenza dell’Impero Romano ai tempi di Nerone proprio in un mercante d’uva senza scrupoli, Trimalcione.

Però come non conserviamo più il vino in otri di pelle di pecora, forse potremmo cominciare a cambiare il nostro atteggiamento verso i négociant del nostro millennio. O, quanto meno a porci delle domande, dato che questa categoria – di chi acquista le uve per fare il proprio vino – risulta infinitamente sfaccettata al suo interno a seconda del contesto in cui si trovi ad operare.

Per questo difficile avere una posizione unica a riguardo, tante possono essere le ragioni per voler intraprendere il percorso del négociant piuttosto che quello del produttore. Perché se c’è di certo chi compra uva o vino come puro investimento senza alcun coinvolgimento nella causa e peggio senza alcuna attenzione alla qualità del prodotto o alla campagna, interessandosi solo al margine di profitto, c’è anche chi non la pensa così. C’è chi per esempio non ha risorse per comprarsi della terra, chi sa di non avere le competenze per lavorarla, ma vuole comunque dare il suo contributo alla filiera. Quindi, come in molti altri casi della vita, si tratta sempre di mettere un attimo da parte i propri pregiudizi e di provare ad ascoltare una storia, una persona e una filosofia.

Uno dei lati che personalmente trovo più interessanti di questo ruolo è la sua natura dinamica, il négociant infatti può ad esempio cambiare ogni anno le uve lavorate e proporre quindi al mercato un prodotto ogni anno diverso, che stupisca e incuriosisca. E il territorio vi starete chiedendo? È proprio la domanda che ho posto ad Alberto di OldBoy, un progetto di etichette frizzanti fondato proprio sull’acquisto delle uve e sulla vinificazione presso la cantina di terzi. “Il territorio si aiuta in molti modi” è stata la risposta.

OldBoy nasce nel 2018 quando Alberto, da sempre impegnato nel marketing e grande appassionato di spumantizzazione, decide di provare a creare le sue bollicine. Nascono così le sue due etichette, Hey Boy, un affilatissimo ancestrale di Durella in purezza e Hey Girl, un rosato accattivante e beverino a base di Pino Noir del Monte Calvarina e Chardonnay. Tutte uve che Alberto ha selezionato personalmente, con la passione che nutre verso il suo progetto. È andato in vigna, ha conosciuto i produttori e soprattutto i loro metodi di lavoro, favorendo chi lavorasse con metodi naturali che fossero in linea con la sua idea di vino.

Al dilagare di vinelli convenzionali a basso costo per l’aperitivo, i vini di Alberto puntano ad essere un’alternativa, puntano ad educare in maniera giocosa ed informale il gusto del consumatore che magari, un domani, lo ricercherà in un’altra enoteca innescando un piccolo effetto domino verso la consapevolezza di cosa sia il vino sano e genuino.

E credo che aiutare un territorio sia anche questo. Senza richiesta molti produttori naturali fanno fatica a svuotare le cantine e per continuare a nutrire il loro progetto di agricoltura sostenibile dovranno rivolgersi al mercato estero, semplicemente perché oggi più preparato e attento di quello italiano. Inoltre, l’acquisto di uva rappresenta un tassello necessario per la sopravvivenza di quella parte di produttori più piccoli, più deboli, che non riescono a vinificare il loro raccolto e sono costretti a svenderlo alle peggiori cantine sociali del nostro paese perché diventi un bieco prodotto convenzionale. Ben venga invece l’acquisto da parte della new age dei négociant naturali che ne possono invece fare un prodotto in linea con il rispetto del territorio.

 

Bando agli scetticissimi quindi, quando un négociant acquista uve ottenute da un’agricoltura sostenibile e produce un vino quel vino altro non è che un’opportunità, un’occasione in più per coinvolgere il cliente finale nella rivoluzione agricola che il vino naturale, così come molti altri prodotti ottenuti nel rispetto della terra, sta portando avanti. Più si è più rumore si fa, e magari sta volta cambia qualcosa.