Natural Wines Oltrepò & Friends – 2019

Natural Wines Oltrepò & Friends – 2019

Giugno 12, 2019 0 Di lasecondadolescenza

Da un lato il corso del Po, a Sud a fare da vertice il Monte Lesima: ecco tracciato il triangolo dell’Oltrepò Pavese, avvolto nel mistero quasi quanto il leggendario triangolo caraibico. Labili confini geografici infatti incastonano questo pezzo di Appennino tra Liguria, Piemonte e Lombardia. Fiumi e valli a delimitare una terra di mezzo, bastarda e piuttosto dimenticata.

E mentre il turismo arranca, anche la storia della viticoltura da queste parti ha vissuto fasi altalenanti negli ultimi decenni. Ma oggi tante aziende stanno credendo nel loro territorio e investendo nella sua promozione attraverso una viticultura più attenta e naturale. Come la grande azienda naturale Castello di Stefanago, di proprietà della famiglia Baruffaldi, che attraverso i suoi vini, il Pinot Nero metodo ancestrale su tutti, sta lavorando sodo per comunicare tutto il potenziale dell’Oltrepò in Italia e all’estero.

E proprio dalla voglia di riunire tanti amici e vignaioli nel territorio dell’Oltrepò lo scorso anno si è svolta l’edizione zero della festa Natural Wines Oltrepò & Friends. Un gran successo, che quest’anno si è ripetuto, anche prolungato di un giorno. Domenica 26 e Lunedì 27 maggio quindi, nuovamente nella meravigliosa rocca medievale del Castello di Stefanago in località Borgo Priolo. Quasi 500 metri d’altezza, verdissime colline, vigneti e appennini in un panorama selvaggio ma armonioso.

 

 

La manifestazione ha visto in totale una quarantina di azienda presenti, la metà provenienti dall’Oltrepò e l’altra metà “friends”, più tre banchi affidati alle distribuzioni. Vinà che ha portato novità da un po’ tutta Italia con un Palazzo Tronconi in forma smagliante, Dissociazioni Enologiche che mi ha fatto assaggiare Je t’ai dans la Peau, il Menu Pineau in purezza macerato in Loira da Lauren Lebled e Auro – Trafficanti di Vini ha preso tutti i miei preconcetti sulla Granacha spagnola e li ha buttati nel bidone facendomi bere quella di Vinos Ambiz, Sierra de Gredos a Ovest di Madrid.

Tra le altre novità assaggiate voglio parlarvi della piccola cantina Il vino e le rose. Una storia ancora tutta da scrivere per questa realtà nata nel 2017 a Momperone, sui colli tortonesi, dall’iniziativa un po’ folle di quattro amici. Spenti i computer e lasciata la città, per loro si è aperta la campagna, il lavoro in vigna e nel piccolo agriturismo con 10 posti letto che gestiscono. Dai loro circa 4 ettari di vigneto producono oggi 3 etichette a base di Cortese, Nebbiolo e Barbera. E il loro sguardo vergine al mondo della vinificazione in Piemonte, tradizionalmente rigidissimo, li ha portati a proporre il loro Baccanale, un Nebbiolo “ripassato” sulle bucce appena svinate della barbera. I due cugini uniti in una crasi forzata che farà certo discutere.

E poi ci sono loro, la gang di VNA wine, “il gene dell’Oltrepò Pavese”, un progetto nato sul territorio di Torrazza Coste a partire da vigneti che in precedenza erano stati lavorati solo per la produzione familiare. Nel 2015 invece Alessandro e Federico Fiori, insieme all’aiuto di Tommaso Gallina, decidono invece di intraprendere la strada verso l’imbottigliamento spinti dal desiderio di far rinascere la produzione vinicola in uno degli areali più abbandonati d’Italia. E il loro Cortese è esattamente questo, un vino che parla un linguaggio semplice, ma che ha una grinta da vendere grazie a sale e tannino in perfetto equilibrio. Speciale la loro vendemmia tardiva di Croatina, un vino contrariamente diverso, per chi dell’omologazione del gusto se ne frega proprio.

Poi è tornata anche quest’anno Eleonora di Fattoria Castellina, azienda biodinamica dell’empolese che avevo conosciuto per la prima proprio durante l’anno scorso di NWO. Ed è stato amore a prima vista visto che poi da Eleonora ci sono andata anche in vacanza. Le sue vigne si trovano ai pieni del Monte Albano e senza sforzo vedono il mare in lontananza. Filosofia produttiva? L’uomo come parte integrante della biodiversità naturale, solo un animale in più con gli stessi diritti e con lo stesso sangue di tutti gli altri. Così Eleonora e la sua famiglia producono con gentilezza e sorriso quattro etichette in purezza, il Vermentino Solare (ve ne ho già parlato qui), il Merlot Daino Bianco, il Sangiovese vigna vecchia Terra e Cielo e, udite, l’esile e romantico Petit Verdot Eros. Vini che sono una spremuta della terra dove crescono e che nel bicchiere ricreano la magia del tramonto su quelle brulle colline bruciate. Tanto mi basta.

E cosa devo dirvi di Roberto Selvaneschi di Cascina Gasparda? The king of Grignolino and Rock and Roll. Siamo nel comune di Olivola, basso Monferrato, 20 chilometri da Casale e tutta la famiglia Selvaneschi è coinvolta nella gestione della loro piccola azienda. Accanto a orto e prato, il loro vigneto dedicato alle varietà autoctone della zona Barbera, Freisa e ovviamente Grignolino. Quest’anno ho assaggiato per la prima volta il loro Cortese con una punta di Moscato (che forse non ritroveremo nelle prossime annate): un bel vino senza filtri e abbellimenti, da bere tanto perché fa bene. Molto più rigore e austerità si trova invece nel loro Vecchie Radici. Grignolino in purezza, e, si sa, il Grignolino è un vitigno difficile. è un vitigno difficile. Il cugino ribelle del Pinot Nero d’oltralpe, acido e sottile, scatta in bocca come una tagliola. Uno di quei vini che per bere devi essere in grado di metterti in gioco, poi il calice farà il resto, aprendosi piano piano con chi sa di potersi fidare.

 

 

Finalmente poi sono riuscita ad assaggiare con attenzione i vini di Matteo Maggi di Colle del Bricco. Giovanissimo vignaiolo, Matteo racconta senza timore di essersi formato da sé, facendosi prestare i libri giusti, ascoltando i vecchi e camminando nella sua vigna di famiglia. E ora è lui a curare ogni passaggio della produzione, con passione e attenzione, le stesse che trasmette nel racconto delle sue tre etichette. Kione, il Riesling Italico, algido ed elegante, vino trasversale capace di finire in pochi minuti in buona compagnia. Poi i due rossi, in futuro tre con l’etichetta di Buttafuoco in preparazione, la Barbera e la Croatina in purezza due rossi complementari per acidità e corpo e accumunati da una lavorazione pulita ed esperta. Infine, con l’estate alle porte, Matteo ha pensato di regalarci Borea, Riesling Italico rifermentato in bottiglia, che è già tormentone.

NWO 2019 è stata anche l’occasione per riassaggiare i vini di Mariapaola Di Cato che coltiva la terra di suo nonno Mariano in Abruzzo, sulle colline di Vittorito. Vitigni tradizionali, Malvasia e Moltepulciano per vini che sono altrettanta, pura, tradizione: dalla vigna alla cantina, come se il tempo si fosse fermato. Mariapaola vignaiola custode e innamorata di una terra dove si fa vino da sempre e dove le pratiche per la cura dei vigneti si tramandano a voce, in osteria. Ne nasce un bianco da tutta Malvasia, fresco come la brezza d’estate, un Cerasuolo da salasso, succulento e croccante e Montepulciano vibrante e ruvido. Peccato solo ci siano così poche bottiglie in circolazione, dovrete essere bravi a scovarle.

E infine questa edizione di NWO mi ha riservato un’occasione inaspettata, quella di poter assaggiare i vini di Fausto Andi parlandone direttamente con lui e con suo figlio. La discussione si è accesa assaggiando il suo Pinot Nero 2015, in particolare abbiamo parlato di tempo e di gusto. E di come ci sia un gusto nel tempo che mai nessuna chimica potrà imitare. Il gusto di un equilibrio trovato da una sostanza, il vino, libero di parlare e scambiare con il microambiente. Perché se l’uva è libera di essere a contatto con il cielo per quale motivo poi il vino dovrebbe essere forzatamente protetto dalle stelle? Una mezz’ora di chiacchiere con un vero contadino sperimentatore bevendo uno Pinot Nero che potrebbe ingannare i più esperti gourmet di borgogna. Un uomo semplice a cui sono grata per aver contribuito a modellare il mio vocabolario del vino interiore.

Ce ne sarebbero ancora tantissimi… le bollicine di confine di Cherubini, oltre 60 mesi sui lieviti per un metodo classico difficile da dimenticare. I profumi e la classe innata del Vesna di Stefano Milanesi, uno di quegli spumanti da tenere sempre in casa perché prima o poi c’è sempre un’occasione speciale. I vini personali e inconfondibili di Lidia Carbonetti di Rocco di Carpeneto, vini brillanti e comunicativi come il suo sorriso. Ancora il Pallagrello Privo di Paola Riccio di Ale.p.a., testardo e tenace come la sua terra.

Così tanti che finirò di raccontarveli il prossimo anno dopo ovviamente non essere mancata alla “terza” edizione di questa calorosa festa di campagna, vino e amicizia!